Hellas. I Figli della Recessione.

Hellas. I Figli della Recessione.

La bandiera greca presenta una croce, simbolo dell’importanza della Chiesa Ortodossa nella liberazione dal giogo Ottomano, e 9 linee orizzontali bianche e blu, che stanno ad indicare le 9 sillabe del motto dello Stato Ellenico: “Libertà o Morte”.
Questa curiosità, oggi, strappa un sorriso amaro carico di tristezza.
Già, perché oggi, la Grecia è libera solo sulla carta e, fedele al suo motto, è quasi morta.
La crisi economica greca procede, senza soluzione di continuità, da ormai 5 anni, figlia della “grande recessione” che ha colpito tutto il mondo occidentale e che ha trovato la Grecia particolarmente impreparata condannandola ad un crollo inesorabile.
E’ sufficiente la quinta o forse addirittura la quarta elementare per sapere che tutto ciò che chiamiamo civiltà, tutta la levatura intellettuale che conferisce all’uomo una vera (o presunta?) superiorità sul resto del creato, viene proprio da qui.
La penisola ellenica è la culla della civiltà occidentale, è la patria della filosofia, della politica, della democrazia, della scienza, è il luogo dove sono nati i Giochi Olimpici, è il fulcro di tutto ciò che ci circonda.

Riletto oggi, questo passaggio sembra totalmente anacronistico, fuori dal tempo.
 La Grecia è una repubblica parlamentare di soli 11 milioni e spicci di abitanti, per intendersi non troppo più della Lombardia (che ne conta attorno ai 10), ed è teatro di un dramma politico, sociale ed economico disarmante.
 Eppure basterebbe portare indietro le lancette di una decina d’anni perché lo scenario apparisse diametralmente opposto. Abbiamo spesso insistito sul parallelo lapalissiano esistente tra Stato e Sport ed anche qui non facciamo eccezione.

Questa Grecia vecchia e decadente, nella (ahimè) lontana estate del 2004, vedeva una Nazionale di calcio guidata dal CT tedesco Otto Rehhagel e dagli indimenticabili Karagounis e Charisteas in campo, laurearsi a sorpresa Campione d’Europa in Portogallo da totale outsider.
Nell’estate successiva i compagni della Pallacanestro avrebbero emulato le gesta dei loro compatrioti vincendo la rassegna continentale in pompa magna.
Proprio il movimento cestistico ha sempre rappresentato in epoca moderna il fiore all’occhiello del panorama sportivo ellenico.
Le superpotenze Olympiacos e Panathinaikos, se nel calcio si sono alternate alla vittoria dei titoli nazionali negli ultimi decenni, nel basket non si sono limitate a questo, rappresentando temibili corazzate ai massimi livelli continentali per un totale di 9 titoli di Eurolega negli ultimi 18 anni. Letteralmente un dominio.
Certo i dollaroni degli allora proprietari hanno avuto un peso decisivo, hanno attirato la crema degli statunitensi venuti qui da noi, ma la solida base di questi successi è stata costruita su giocatori greci al 100%.
Dal 1980 al 1985 si sono registrate sulla penisola ellenica le nascite dei seguenti soggetti:
Diamantidis (80), Papadopoulos (80), Fotsis (81), Spanoulis (82), Zisis (83), Bourousis (83), Printezis (85), Big Sofo (85) e potrei continuare.

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Una grossa fetta di questi qui con l’aggiunta della “chioccia” rappresentata da Theodoros Papaloukas ha trionfato ad EuroBasket 2005, scherzando con Nowitzki e compagni in finale.
Questi stessi ragazzi si sono resi protagonisti di una delle più celebri sculacciate rifilate al Team Usa.
Siamo al Mondiale dell’anno successivo (2006), in Giappone e nella semifinale i ragazzi di Giannakis fermano la cavalcata a stelle e strisce dei vari James, Wade, Howard, Paul, Antonhy, davanti a 17000 spettatori indiavolati. Una sconfitta fragorosa. Un 101 a 95 scritto a fuoco nella storia. Una medaglia d’argento (perderanno con la Spagna in finale) che non ridimensiona l’impresa.


Il cambio generazionale ha segnato parecchio i risultati ellenici, è inutile tentare di nascondersi.
La crisi ha colpito ogni settore e persino le nobili del basket greco hanno dovuto abbassare la proverbiale cresta.
I proprietari si sono trovati costretti a mettere in vendita entrambe le società, a sbattere sul mercato i pezzi più pregiati del loro roster, perché quando l’onda arriva non fa sconti a nessuno, si sa.
Ci sarebbe da aprire una parentesi gigantesca, la classica eccezione che conferma la regola, si ma che eccezione: l’Olympiacos di Dusan Ivkovic.
Società in vendita, americani imbarcati quasi in toto, promozione in prima squadra di giovani ventenni greci come Sloukas, Mantzaris e Papanikolaou e chiavi della squadra in mano al solo Spanoulis.
Risultato? Back to back Champion dell’Eurolega, con il budget più che dimezzato, con una squadra ampiamente rimaneggiata, è riuscita in uno dei più grandi upset (perdonate il tecnicismo tennistico) della storia del basket continentale.
Un’impresa incorniciata tra il 2o11 ed il 2013, due stagioni nella leggenda, in controtendenza con il crollo economico e pure emotivo del Paese. Un miracolo senza mezzi termini.
Miracoli a parte, la situazione è grigia, tendente al nero purtroppo, trasversalmente a tutti i settori.
Proprio la scorsa settimana è sembrata arrivare una ventata d’aria fresca, un’ondata di entusiasmo senza precedenti negli ultimi, desolati, anni.

Il passaggio di testimone in parlamento da Samaras a Tsipras rappresenta per molti cittadini la voglia di riscossa che per certi versi manca nel nostro Paese, che per altro naviga in acque non dissimili.
Questo giovane esponente della sinistra radicale (Syriza), non lontano anagraficamente dalla generazione d’oro sopracitata (74), si è fatto portavoce della battaglia contro l’austerità dura e repressiva della Troika (CE, BCE, FMI), che dovrebbe essere un organismo di salvataggio per Paesi in forte crisi finanziaria, si, dovrebbe.
..
Non siamo qui per fare un trattato di economia politica ma contestualizzare brevemente è necessario. Vi basti sapere che negli ultimi 5 anni il debito pubblico ha costretto la Grecia a rivolgersi alle banche, l’Unione Europea ha stanziato prestiti per centinaia di miliardi di euro che per essere restituiti vanno ovviamente strappati da altre parti.
Tagli agli stipendi, tagli alla spesa pubblica, riduzione dei salari minimi di oltre il 22 %, numeri spaventosi che hanno ridotto lo Stato alla soglia dell’insolvenza sovrana (quando uno Stato finisce il grano in sostanza) ed i cittadini in ginocchio.
Bene, dicevamo di questa ventata di… Inutile nemmeno finire la frase, i “rubinetti” sono stati chiusi da Berlino, fine dei giochi, nessun prestito sarà più erogato e lo scenario si fa sempre più tetro.
Per certi versi parallelo a questo è il percorso di Giannis Antetokoumpo, con la sottile differenza che costui dalla crisi sembra esserne uscito.

Ci ho messo 20 minuti per scrivere il cognome e non chiedetemi di rifarlo.
In America lo chiamano “The Greek Freak”, ha stregato la NBA come pochi altri nel recente passato.
Un’apertura alare irreale, surreale, una facilità di gioco “durantiana”, terzi tempi che partono dalla linea di metà campo per finire dolcemente all’anello.
Un giocatore 2.0, o forse 3.0, risorsa preziosa per i suoi Milwaukee Bucks e per il suo stesso Paese.
Non sembrerebbe affatto, viste le origini nigeriane ma il ragazzo è greco, nato nel 1994, cresciuto tra fame e povertà.
E’ riuscito grazie al suo talento ad uscire dal guscio a grandi falcate, ad imporsi al di là dell’Oceano, a svoltare il futuro non solo per sè ma anche e soprattutto per la sua famiglia.
La storia di Antetomfpfk. Ok ci rinuncio. La storia di Giannis è una metafora di riscossa esemplare ed importante per un Paese come la Grecia.
Un Paese per il quale il destino sta trovando un modo beffardo di metterlo alla prova.
Culla della civiltà, fonte più pura di ogni nostra attività che sia sociale, politica o sportiva, ridotta con un cappio al collo ed appoggiata ad una sedia che scricchiola pericolosamente.
Mai come in questo caso un augurio di un ritorno agli antichi fasti e agli antichi splendori mi pare adatto.
Ottimismo e speranza in questa circostanza sembrerebbero mal riposti ma ci tengo a farlo comunque perché è troppo importante credere in una svolta positiva.
Scadere nella retorica è un rischio che mi sento di correre, fare paralleli tra Tsipras ed il suo tentativo disperato di salvare il Paese e le speranze di rinascita del basket affidate ad un ventenne con le braccia infinite è quasi svilente, me ne rendo conto.
Crisi e povertà attanagliano la Grecia come hanno attanagliato la famiglia di Antetokoumpo e sperare che la riscossa di quest’ultimo possa essere oggetto di mimesi ed imitazione da parte di uno Stato è più simile ad un racconto fantasy, ad una favola di quelle che si raccontano ai bimbi per convincerli che c’è sempre una via percorribile per il bene.
Accetto il rischio convinto del fatto che ad oggi, ci è rimasto poco altro da fare.
“Sopporterò, perché cuore avvezzo ai dolori ho nel petto: soffrii molti mali già prima e molti travagli sostenni” (Odissea- Omero).
Passo e chiudo.



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