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Il destino di un Capitano: Javier Adelmar Zanetti

Il destino di un Capitano: Javier Adelmar Zanetti

 

Scrivere di te oggi è come raschiare in fondo ad un barile, rischiando di trovare solo banalità ormai ripetute e svuotate.
Ma vale la pena farlo, per te, Javier Zanetti, vale la pena per chi, come me, ha visto la tua leggenda scorrere parallela alla propria vita.
Vale la pena per chi, come me, è cresciuto nel tuo nome, nella tua maglia numero 4, nella tua normalità fuori dal comune, nel tuo sorriso, nei tuo capelli sempre perfetti.
C’è un terzino con il numero 4 nei miei primi ricordi calcistici, “Trattore” lo chiamavano, perchè quella palla non gliela toglieva nessuno. Ma “Trattore” anche, e soprattutto, fuori dal campo, perchè se lo sport è la più grande metafora della vita, tu ne sei, per me, la stella più luminosa.

Il 10 maggio 2014 non è stato un giorno qualunque, ma il giorno in cui Javier Zanetti, per l’ultima volta, ha indossato la sua gloriosa maglia numero 4 nella sua casa, S.Siro. Potevi anche solo respirare quella sera, l’ovazione sarebbe stata comunque totale, perchè te la sei meritata, perchè doveva essere così.

Ho visto un grande uomo l’altra sera al Meazza sfidare la commozione arricciando il viso, parlando con la voce spezzata, microfono alla mano, a generazioni di uomini che hanno visto un sogno rappresentato e incarnato in una persona, in un degno Capitano.
Sei sempre stato uno di noi, uno normale, e l’hai dimostrato ancora una volta, perchè mentre parlavi eri come noi sulle tribune o davanti alla tv, eri come ci hai insegnato: felice, commosso, orgoglioso, forte.
Ho visto commozione sincera, ho visto intorno a me lacrime consapevoli del significato del momento, sorrisi consci della tua immensa grandezza, sguardi colmi di malinconia mista a serenità. Serenità, quella che tu ci hai sempre insegnato a custodire nella nostra anima, quella che nulla al mondo è mai riuscito a toglierti da quel tuo sguardo fiero, sempre a testa alta, sempre sopra la folla, sempre pronto ad accoglierci per farci sentire a casa.
Ho visto uomini e donne anziani alzarsi in piedi per applaudirti, con le mani verso il cielo, come a voler essere sicuri che tu le potessi vedere; ho visto padri portare in spalle il loro figlio quando hai indossato la pettorina per riscaldarti, perchè i piccoli possano crescere con il tuo ricordo; ho visto ragazzi alzare il dito indicandoti, spiegando al fratello minore chi tu fossi, chi è il capitano, cosa sei per noi e cosa significa vederti per l’ultima volta indossare fiero la tua maglia, la tua fascia gialla, i nostri colori.

Era la tua serata ieri, ma ci hai mostrato per l’ennesima volta la tua generosa grandezza, l’hai voluta condividere la tua festa, hai chiamato Cuchu, Walter e Diego, chissà, probabilmente per permetterci di salutare anche loro, i giganti della nostra storia, uomini che hanno inciso il loro nome nella leggenda, insieme a te.

Ci mancherai Capitano, ci vorrà un po’ di tempo per accettarlo, per abituarci a vederti in giacca e cravatta, perchè era nel destino, da subito, che pensare a te era, è e sarà per sempre come dire Inter. Il destino di un Capitano.

Grazie Capitano, grazie per sempre, grazie per esserci stato, grazie per tutto quello che ci hai insegnato, grazie perchè un giorno, forse, chissà, potrò prendere in braccio mio figlio, guardarlo negli occhi e raccontargli una storia, la storia di un capitano: “Javier Adelmar Zanetti… Il mio Capitano…”


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