Margherita Sassi ci racconta il suo mestiere: psicologa dello sport

Margherita Sassi ci racconta il suo mestiere: psicologa dello sport

“Ho trascorso decenni di pratica sportiva […] Ho sperimentato la condizione di atleta-pallavolista arrivando a giocare fino alla serie B”. Si puossono leggere queste parole tra le note biografiche di Margherita Sassi da Pescara, psicologa dello sport. Le premesse ci hanno incuriosito e abbiamo così deciso di rivolgerle alcune domande sulla sua professione e non solo.

Da dove nasce la tua passione per lo sport?

“Nascere è il verbo esatto perché entrambi i miei genitori erano docenti di Educazione fisica e, inevitabilmente, a casa si respirava sport sempre e comunque. Da qui una scalata senza sosta che mi ha portato a giocare a pallavolo fino alla Serie B e a fare l’allenatrice per tanti anni. Insomma, tra verticali ed esercizi fisici a casa mia non si stava mai fermi!”.

Perché ha scelto proprio la Psicologia dello sport? In cosa consiste il tuo ruolo?

“Direi che è stata una conseguenza naturale. Di cosa mi occupo? Se devo dare una definizione precisa, la Psicologia dello Sport punta a migliorare la consapevolezza delle persone attraverso la pratica sportiva. Nel dettaglio mi occupo di educare la popolazione alla pratica sportiva anche tra disabili e anziani, come prevenire l’obesità e tanto altro. Un settore che in pratica spazia dalla salute all’alimentazione fino all’apprendimento motorio nelle scuole”.

Oltre alla pallavolo, ci sono altri sport che ti appassionano?

“In realtà per me lo sport è fonte di stimoli continui, suscita in me costante curiosità. E’ il gioco in generale che mi diverte; per esempio gioco a ping pong per rilassarmi e a casa mia si vede solo sport! Non riesco comunque a fermarmi alle questioni tecniche delle varie discipline, preferisco piuttosto immaginare, andare oltre ciò che vedo. La pallavolo è stata un’opportunità e solo perché ho iniziato tardi, avevo 14 anni, e dovevo scegliere un sport di squadra; se avessi potuto invece praticare un’attività sportiva singola, avrei giocato a tennis”.

Il calcio femminile, tema del quale si parla parecchio oggi.

“Credo che l’errore più grande che si possa fare è declinare lo sport al maschile e femminile. Lo sport è per tutti e di tutti; ad esempio io ho provato il calcio e l’ho fatto con tanto entusiasmo. E’ opportuno per le donne svolgere pratica sportiva perché attraverso di esso si possono esprimere le proprie potenzialità; un confronto di genere, è assurdo, non sta in piedi e uscire fuori dalla logica del confronto, può essere una soluzione per dare risalto sia alla caratteristiche maschili che femminili”.

Consiglieresti ai giovani di intraprendere la tua stessa carriera?

“Se si è davvero appassionati, perché no? Ogni volta che parlo ai ragazzi dico che è un lavoro che richiede impegno e dedizione; se la passione è tanta, si possono creare diverse possibilità. Poi il tempo e l’esperienza permetteranno di affinare il metodo, di avere pazienza e confrontarsi con l’ignoto, basti pensare che la Psicologia dello Sport è relativamente giovane come scienza avendo ‘solo’ 50 anni”.

Ultima domanda: Margherita Sassi è…

“Bella domanda! Dunque, Margherita è prima di tutto, una sognatrice. Una definizione che racchiude l’entusiasmo e la determinazione con cui ho cercato di avvicinarmi al mio lavoro”.

 

 



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