Train de Vie. L’ultimo treno per Mario Balotelli.

Train de Vie. L’ultimo treno per Mario Balotelli.

Ricordate quel fantastico film uscito sul finire degli anni ’90?
Quel fantastico film che ogni professore di liceo con un briciolo di “sale in zucca” vi avrà sicuramente fatto vedere.
Era l’alternativa ai più noti “Anna Frank”, “Schindler’s List” ed a tanti altri capolavori girati in quegli anni sul fondamentale tema dell’Olocausto e proposto agli studenti nel giorno della Memoria, il 27 Gennaio.

Il protagonista per sfuggire alla probabile imminente deportazione ne inscena con gli abitanti del suo villaggio una fasulla, riuscendo poi a raggiungere il confine sovietico portandosi miracolosamente in salvo.

Questo fantastico film si intitola Train de Vie-Un treno per vivere.
Lungi da me scomodare paragoni pesanti ed impegnati.
Lungi da me mettere sullo stesso piano la tragedia dell’Olocausto e la vita di un calciatore, diciamo così, scapestrato.
Mi servo solo umilmente del titolo di questo film per parlare di altro, per trattare argomenti sicuramente distanti anni luce in quanto ad importanza e serietà, chiedo scusa per questo in anticipo e proseguo con le solite quattro chiacchiere da bar in questo Agosto che sa già troppo di autunno.

Mi servo di questo titolo perché la metafora del treno che passa una volta sola l’avremo sentita centinaia di volte anche in ambito sportivo, e migliaia di volte riferita a vita, opere e miracoli di Mario Balotelli.
La realtà è che Mario di treni ne ha visti passare tanti, forse troppi se si pensa ai 25 anni appena compiuti; ne ha presi (pochi), ne ha persi (tanti) ed anche per quelli presi in tempo, non è mai giunto a destinazione, scendendo sempre alla prima o, al massimo, alla seconda fermata.

Calcio-Balotelli-Angel-Devil-Icon

In questi giorni, dopo un’estate di totale anonimato, si è tornato prepotentemente a parlare di lui.
Già, infatti proprio nelle scorse ore Balotelli è tornato a vestire la maglia del Milan, ripresentandosi in rossonero dopo un anno esatto dal suo addio, destinazione Anfield.
Prestito secco, gratuito, metà ingaggio pagato dal Liverpool, insomma un’operazione a rischio vicino allo zero per Galliani & co., se non per quel fantomatico equilibrio dello spogliatoio che si dice verrà messo a dura prova dall’avvento del 45, ma da questo punto di vista crediamo che il sergente di ferro Sinisa sappia il fatto suo, ne siamo certi.

In ogni curva della sua carriera, finora decisamente tortuosa, ha saputo dare spesso ragione ai suoi detrattori (molti) e pochi motivi per difenderlo ai suoi sostenitori (ormai pochi).
Inter, Manchester City, Milan, Liverpool. In ogni squadra ha mostrato colpi di un talento cristallino (pochi) e gesta da eterno adolescente ribelle (tante), riuscendo sempre a mettere in primo piano le seconde nascondendo i primi.
I media hanno fatto il resto, ogni mezzo passo falso che ad altri colleghi era ed è concesso, diventa per Balotelli sempre nuova carne al fuoco per discussioni eterne intorno al nulla, riguardo la sua maturità che tarda ad arrivare, riguardo la sua inoperosità quasi patologica in campo, riguardo la sua presunzione ecc ecc..

Difenderlo a spada tratta sembra ormai un qualcosa di assurdo, un anacronismo, qualcosa fuori dal tempo. Sono troppi anni che manca la definitiva consacrazione e giustamente in molti hanno ragione di sostenere che non arriverà mai.
La maggior parte dei tifosi rossoneri si è apertamente schierata contro al suo ritorno. Io non sono tra questi.
Crearsi delle aspettative esagerate attorno alle sue prestazioni non è buona cosa, idolatrarlo ed elevarlo su un piedistallo non lo è altrettanto.
La giusta posizione di neutralità riguardo la vicenda credo possa essere la cura migliore per il ragazzo prima che per il giocatore; spegnere i riflettori, considerarlo al pari di un giocatore normale che deve ancora dimostrare tutto è l’unica via per recuperarlo, forse.

Mario è il primo a sapere che questa è l’ultima chance di provare ad elevarsi dalla mediocrità, è il primo consapevole del fatto che di treni ne son passati più del dovuto e che questo è davvero l’ultimo.
Se dovesse fallire anche questa volta, straccerò idealmente questo articolo e lo getterò nel cestino, ma qualcosa mi porta a sperare che forse, chissà, tirerà fuori il meglio.
E’ l’ultimo treno, il treno della vita (calcisticamente parlando) e vi inviterei, se solo potessi, a non imprecare contro di lui umiliandolo quando ancora si trova sulla banchina in attesa.

Con ogni probabilità si riveleranno speranze malriposte, ma a ben pensarci, non saremo noi a rimetterci.
Quindi spero possa avere tutto il sostegno di cui ha bisogno perché il ragazzo necessita di questo per poter finalmente divertirsi e gioire su un rettangolo verde.

Vado “in direzione ostinata e contraria” come il grande maestro Faber mi ha insegnato e cercherò di stare al suo angolo per l’ultima volta, in questo incontro di pugilato sicuramente impari, solo contro tutti.

Come si suol dire in quell’ italiano crudo ma chiarissimo e diretto, “ti ci sei messo tu in questa situazione ed ora, da solo, devi cercare di uscirne”.
Per quanto possa valere, faccio il tifo per te.

Passo e chiudo.



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