Verso il Mondiale 2014 – Sangue e Arena, la Spagna che esplode alle 5 della sera

Verso il Mondiale 2014 – Sangue e Arena, la Spagna che esplode alle 5 della sera

Domenica 29 settembre 2013 a Lucca il cielo e la strada hanno lo stesso colore.

Piove dalla notte prima e l’ennesima grande corsa della stagione (iniziata con la Sanremo interrotta da una tormenta di neve) sarà bagnata, fredda, dura. Come se 272 chilometri, un circuito finale con una salita vera e uno strappo assassino al 10% ai meno 3 dal traguardo da ripetere 10 volte non sia già duro da solo.

Ma è il Mondiale, dal 1927 la corsa dell’anno, ogni anno.

Sì, perché se c’è un qualcosa di bello nel ciclismo è che tra fine settembre e inizio ottobre ogni anno c’è un Mondiale, una maglia bianca con l’iride da vincere e portare per un anno intero.

Ogni anno il percorso varia, si adatta a corridori diversi: ma è certo che se sei forte potresti avere almeno 10 occasioni in carriera per alzare le braccia. Non molti sport hanno questa fortuna.

Alle 10 si parte e c’è una sola squadra favorita: Spagna, poi tutto il resto, l’Italia a provare a far la corsa dura, ma se fan le cose come si deve è difficile batterli, come sempre da quando i Mondiali non sono più ad Agosto ma dopo la Vuelta e gli spagnoli hanno cominciato a segnare il loro nome nella storia della corsa.

Firenze è un circuito per loro: c’è Joaquim Purito Rodriguez, che butta via i grandi Giri per sfortuna ed emozioni, ma che ha una sparata di un chilometro che te la sogni se la strada tira; c’è Valverde, Don Alejandro, che ha una classe e uno stile ineguagliabile, che a volte aspetta troppo ma che se si ricorda di attaccare fa spettacolo e vince.

E in squadra un fenomeno a far da gregario, Albertino Contador, non nell’anno migliore ma un fantasista, un amante della bici, un improvvisatore capace di chiudere qualsiasi buco. E ci sono anche Sanchez e una serie di ragazzi che sarebbero capitani ovunque, ma non in Spagna.

Il problema è che gli spagnoli non si amano. E farli amare nell’unico giorno in cui corrono insieme non è facile.

Se il ciclismo è uno sport particolare è anche per questo: è individuale, ma anche se sei il più forte e non hai una squadra non vai da nessuna parte.

O peggio perdi in maniera rabbiosa, assurda, dolorosa.

Alle 10 sembra inverno ma la Spagna sembra forte più della tormenta. Sette ore e mezzo dopo, il sole si fa strada e sul rettilineo dell’ippodromo di Firenze alza le braccia un portoghese intelligente, tale Rui Costa, che non è uno sconosciuto, corre bene, ma è una mezza sorpresa. Se la gioca bene, e se la merita: dire che Rui Costa vincente a Firenze è cosa buona e giusta è scontato (e infatti sarà l’apertura della pagina sportiva di tutti i giornali italiani del lunedì).

E mentre veste la maglia a fargli compagnia sul podio ci sono i due spagnoli più forti: secondo Purito, terzo Valverde.

Un risultato fantastico, sulla carta. Un dramma sportivo, nella realtà. La parola più gettonata è Tradimento, qualcuno la smussa con Condotta Scellerata, in ogni caso una figuraccia mondiale. Le facce sul podio rendono cmq meglio l’idea. Purito piange di rabbia sorda, poi riprende il controllo ma è livido, Valverde si guarda in giro, la sua quinta medaglia mondiale lo lascia indifferente, la testa abbassata. Il sorriso del vincitore passa in secondo piano.

Poco da dire: la squadra spagnola è sparita, la rivalità interna è esplosa: non la prima volta ma la più clamorosa forma di autolesionismo degli ultimi 30 anni

Fino all’ultimo giro una grande Spagna, davanti restano in 6 e poi in 4; i due spagnoli, Rui Costa e Nibali, che cade ma rientra. Rodriguez se ne va, al secondo tentativo, sullo strappo di via Salviati, Nibali ci prova subito ma non ne ha.

Manca tantino ma il Mondiale sembra suo: troppi secondi posti da cancellare, tante belle vittorie di tappa ma mai il colpo grosso.

Manca ancora un po’, qualche chilometro di troppo forse. Ma dietro c’è Alejandro, 70 vittorie in carriera senza essere un genio della tattica; ma che adesso debba solo fare lo stopper lo capiscono tutti, lo capisce anche lui. Ma quando parte Rui Costa lui sta fermo: basterebbe una pedalata e lo prende, sarebbe fatta per Purito. L’azione portoghese, con a ruota Alejandro, si fermerebbe. Lo sanno tutti, è nella logica delle cose. Ma Alejandro non va, ci riprova Nibali ma è cotto e malconcio. Valverde sta fermo e poi dirà che non aveva le gambe: non gli crede nessuno, in volata per il terzo posto brucia Nibali con una gamba sola.

Davanti Purito si volta e vede arrivare all’ultimo chilometro il portoghese, che in due chilometri si ritrova da buon corridore con tappe al Tour e allo Svizzera a Campione. Lo vede, Purito, e prima ancora di essere raggiunto capisce: capisce che Valverde non c’è; che Rui Costa e Alejandro per tutto l’anno sono compagni di squadra (nella Movistar); che in prima persona lo spagnolo non avrebbe mai potuto andare a riprendere un compagno di nazionale, ma non fermando il portoghese ha ottenuto lo stesso risultato: farlo perdere. E’ un attimo e le gambe e la testa son finite. Secondo posto in volata, l’ennesimo. Nemmeno un Lombardia dominato con una rabbia mai vista la settimana dopo possono bastare a ripagarlo.

La stampa spagnola crocefigge Valverde e il CT spagnolo Minguez. Rodriguez, da signore, smusserà nei mesi successivi la polemica, ma neanche troppo, non ci crede neanche lui.

Ma il bello del ciclismo è che il mondiale si corre ogni anno.

Ponferrada 2014, ultima domenica di settembre: si corre in Spagna, manco a farlo apposta.

Il circuito è duro, forse meno selettivo dell’anno scorso. La stagione ha detto che Valverde, calo nel finale di Tour a parte, a 34 anni ha messo via un anno come non gli accadeva dal 2009, forte da Marzo a Settembre con due belle classiche portate a casa; Purito, a 35 anni, è caduto spesso, si è fatto male, è andato forte solo alla Vuelta, ma nemmeno più di tanto. Il circuito è perfetto per Valverde, se si ricorda di attaccare. Ma anche Purito ha la sua possibilità.

Il CT Minguez li ha convocati tutti e due, di nuovo insieme per un giorno, un anno dopo.

Contador, ha appena vinto la Vuelta con un ginocchio a mezzo servizio, ha detto che al Mondiale non ci va, il percorso non fa per lui. Vero in parte: la verità è che salvo situazioni strane di corsa farebbe il gregario, e a fare il gregario a quei due ancora una volta non ci pensa nemmeno.

Il clima è sempre quello.
Il Mondiale della Spagna sarà divertente, nel bene o nel male.

 Daniele



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